domenica 12 ottobre 2014

VOGLIO VIVERE, MI VENDO UN ORGANO



Sul sito dell'Agenzia Ansa, al seguente link, mi sono imbattuto in un articolo che mi ha portato inevitabilmente a riflettere sul desiderio di vivere che contraddistingue gli uomini. 

Lo sappiamo bene noi italiani, specie gli abitanti di Lampedusa, quanti africani giungono sulle nostre coste e quanti provano ad arrivarci, a volte morendo nel tragitto. Ciò che non sappiamo, però, è che spesso questi uomini non sono in grado di pagare gli scafisti e così si vendono un'organo (rene, cornea,...). Questi organi alimentano il mercato illegale internazionale di organi.

Il fatto che un uomo sia disposto a vendere un suo organo pur di cercare di raggiungere la terra della speranza suscita in me una duplice sensazione: felicità e stupore per l'attaccamento alla vita e alla speranza, la rinuncia a qualcosa di importante e proprio pur di vivere; tristezza e cupezza perché non è d'altro canto concepibile che alcuni spingano altri a fare ciò, pur di tentare di vivere meglio.

Da questo imparo ad apprezzare interamente il dono della vita ed imparo che c'è sempre qualcuno che tenterà di approfittare della tua vita: ma tu non farlo, non dargliela vinta.


giovedì 7 agosto 2014

AFFRONTANDO I GIGANTI




Un video che sprona a fare di più, a dare di più anche quando crediamo di non farcela più, di non essere in grado, di essere stanchi. La vita è dura per tutti ma tutti possiamo affrontarla, tutti possiamo combattere i nostri giganti, vincerli, abbatterli. Non esistono ostacoli così grandi da non poter essere superati.

VIDEO - AFFRONTANDO I GIGANTI









venerdì 25 luglio 2014

giovedì 20 marzo 2014

L'OGGI, IL MOMENTO




Se io potessi vivere un'altra volta la mia vita | nella prossima cercherei di fare più errori | non cercherei di essere tanto perfetto, | mi negherei di più, | sarei meno serio di quanto sono stato, | difatti prenderei pochissime cose sul serio. | Sarei meno igienico, | correrei più rischi, | farei più viaggi, | guarderei più tramonti, | salirei più montagne, | nuoterei più fiumi, | andrei in posti dove mai sono andato, | mangerei più gelati e meno fave, | avrei più problemi reali e meno immaginari. | Io sono stato una di quelle persone che ha vissuto sensatamente | e precisamente ogni minuto della sua vita; | certo che ho avuto momenti di gioia | ma se potessi tornare indietro cercherei di avere soltanto buoni momenti. | Nel caso non lo sappiate, di quello è fatta la vita, | solo di momenti, non ti perdere l'oggi. | Io ero uno di quelli che mai andava in nessun posto senza un termometro, | una borsa d'acqua calda, un ombrello e un paracadute; | se potessi vivere di nuovo comincerei ad andare scalzo all'inizio della primavera | e continuerei così fino alla fine dell'autunno. | Farei più giri nella carrozzella, | guarderei più albe e giocherei di più con i bambini, | se avessi un'altra volta la vita davanti. | Ma guardate, ho 85 anni e so che sto morendo.

Jorge Luis Borges

domenica 16 marzo 2014

TENERAMENTE MALATO



Il giovane Angelo Branduardi, ispirandosi a questa poesia del poeta russo Sergey Yesenin (Konstantinovo, 3 ottobre 1895– Leningrado, 28 dicembre 1925), scrisse la celebre canzone Confessioni di un malandrino.

CONFESSIONI DI UN TEPPISTA

Non a tutti è dato cantare,
E non tutti possono cadere come una mela
Sui piedi degli altri.
Questa è la più grande confessione,
Che mai teppista possa rivelarvi.
Io porto a bella posta la testa spettinata,
Lume a petrolio sopra le mie spalle.
Mi piace illuminare nelle tenebre
L'autunno spoglio delle vostre anime.
E mi piace quando una sassaiola di insulti
Mi vola contro, come grandine di rutilante bufera,
Solo allora stringo più forte tra le mani
La bolla tremula dei miei capelli.
È così dolce allora ricordare
Lo stagno erboso e il suono rauco dell'ontano,
Che da qualche parte vivono per me padre e madre,
Che se ne fregano di tutti i miei versi,
E che a loro sono caro come il campo e la carne,
Come la pioggia fina che rende morbido il grano verde a primavera.
Con le loro forche verrebbero a infilzarvi
Per ogni vostro grido scagliato contro di me.
Miei poveri, poveri contadini!
Voi, di sicuro, siete diventati brutti,
E temete ancora Dio e le viscere delle paludi.
O, almeno se poteste comprendere,
Che vostro figlio in Russia
È il più grande tra i poeti!
Non vi si raggelava il cuore per lui,
Quando le gambe nude
Immergeva nelle pozzanghere autunnali?
Ora egli porta il cilindro
E calza scarpe di vernice.
Ma vive in lui ancora la bramosia
Del monello di campagna.
Ad ogni mucca sull'insegna di macelleria
Da lontano fa un inchino.
E incontrando i cocchieri in piazza,
ricorda l'odore del letame dei campi nativi,
Ed è pronto a reggere la coda d'ogni cavallo,
come fosse uno strascico nuziale.
Amo la patria!
Amo molto la patria!
Anche con la sua tristezza di salice rugginoso.
Adoro i grugni infangati dei maiali
E nel silenzio della notte, la voce limpida dei rospi.
Sono teneramente malato di ricordi infantili,
Sogno delle sere d'aprile la nebbia e l'umido.
Come per scaldarsi alle fiamme del tramonto
S'è accoccolato il nostro acero.
Ah, salendo sui suoi rami quante uova,

Dai nidi ho rubato alle cornacchie!
È lo stesso d'un tempo, con la verde cima?
È sempre forte la sua corteccia come prima?
E tu, mio amato,
Mio fedele cane pezzato?!
La vecchiaia ti ha reso rauco e cieco
Vai per il cortile trascinando la coda penzolante,
E non senti più a fiuto dove sono portone e stalla.
O come mi è cara quella birichinata,
Quando si rubava una crosta di pane alla mamma,
e a turno la mordevamo senza disgusto alcuno.
Io sono sempre lo stesso.
Con lo stesso cuore.
Simili a fiordalisi nella segale fioriscono gli occhi nel viso.
Srotolando stuoie d'oro di versi,
Vorrei dirvi qualcosa di tenero.
Buona notte!
A voi tutti buona notte!
Più non tintinna nell'erba la falce dell'aurora...
Oggi avrei una gran voglia di pisciare
Dalla mia finestra sulla luna.
Una luce blu, una luce così blu!
In così tanto blu anche morire non dispiace.
Non m'importa, se ho l'aria d'un cinico
Che si è appeso una lanterna al sedere!
Mio buon vecchio e sfinito Pegaso,
M'occorre davvero il tuo trotto morbido?
Io sono venuto come un maestro severo,
A cantare e celebrare i topi.
Come un agosto, la mia testa,
Versa vino di capelli in tempesta.
Voglio essere una gialla velatura
Verso il paese per cui navighiamo.

Sergey Yesenin

lunedì 3 marzo 2014

IL COME E IL PERCHE'




Chi ha un perché abbastanza forte, 
può superare qualsiasi come.
Friedrich Nietzsche

giovedì 20 febbraio 2014

LA STOFFA RICAMATA







La vita è come una stoffa ricamata della quale ciascuno nella propria metà dell'esistenza può osservare il diritto, nella seconda invece il rovescio: quest'ultimo non è così bello, ma più istruttivo, perché ci fa vedere l'intreccio dei fili.

Arthur Schopenhauer

sabato 8 febbraio 2014

LA FATICA DI ESSERE POETA



(Dario Bellezza)


Essere poeta è faticoso. C'è qualcosa di profondamente masochistico nell'applicarsi delle maschere [...] La poesia è la strada meno vile che può percorrere chi prova insofferenza per la schiavitù del vivere quotidiano inquadrato nelle regole borghesi.



Dario Bellezza, Dall'introduzione a Fernando Pessoa, L'ora del diavolo, Il Segnale, Roma, 1992.

lunedì 27 gennaio 2014

Se questo è un uomo





Con questa poesia, Primo Levi apriva il suo primo romanzo Se questo è un uomo, testimonianza struggente di un' orribile tragedia che investì l'Europa durante la Seconda Guerra Mondiale. Per non dimenticare e per evitare che si commettano ancora gli stessi errori:



Se questo è un uomo
di Primo Levi 
 Edizioni Einaudi


Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

lunedì 13 gennaio 2014

VEDERE LA BELLEZZA. L'elisir di eterna giovinezza




"La giovinezza è felice perché ha la capacità di vedere la bellezza. Chiunque sia in grado di mantenere la capacità di vedere la bellezza non diventerà mai vecchio..."


(Franz Kafka, in Gustav Janouch, "Colloqui con Kafka", 1951)

venerdì 10 gennaio 2014

ALLA RICERCA DELLA POESIA





Un tempo si credeva che lo zucchero si estraesse solo dalla canna da zucchero, ora se ne estrae quasi da ogni cosa; lo stesso per la poesia, estraiamola da dove vogliamo, perché è dappertutto.

Gustave FlaubertLettere, 1830/80 

lunedì 6 gennaio 2014

LA NATURALEZZA DELLA POESIA E IL POETA DILETTANTE

Se la poesia non nasce con la stessa naturalezza delle foglie sugli alberi, è meglio che non nasca neppure.
John KeatsLettera a John Taylor, 1818





Quella della naturalezza e dell'artificiosità nell'ambito della poesia è una quaestio molto presente nell'ambiente critico-letterario. Se da un lato si sostiene che il poeta debba essere preso/posseduto dal fuoco della poesia (altrimenti non è poeta), dall'altro non si può fare a meno di giudicare indispensabile il cosiddetto labor limae, il lavoro di lima, la rifinitura che molti critici amano a tal punto da affermare che fare poesia significa tagliare.  

Quello del poeta è un duro mestiere che lo porta continuamente a chiedersi se la sua poesia sia degna di essere letta oppure no. 

Certamente sono vere entrambe le posizioni che devono però confluire in un'unica direzione: che è quella di mantenere intatta la naturalezza del momento di creazione poetica. La rifinitura, qualora necessaria, non dovrebbe rendere la poesia artefatta e solidificare la fluidità della trasmissione poetica; ma dovrebbe limare, a volte tagliare, quei detriti che il fiume porta con sè alla foce. Il buon rifinitore elimina i detriti e lascia inalterata l'acqua nata dal fuoco della poesia.
Tutto questo non è assolutamente facile e non è neppure una tecnica da apprendere e affinare. Ogni volta è una nuova sfida, anche per  i poeti più maturi. Per cui il poeta è e resta sempre un dilettante.